di Elia Pirone
La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha sancito un importante principio che, proprio perché in contrasto con la normativa nazionale (e con la pronuncia della Corte costituzionale), costituisce un punto fermo per tutti i possibili futuri contenziosi tra dipendenti e Pubblica amministrazione.
La vicenda trova origine dalla richiesta di un ex dipendente, istruttore direttivo, dimessosi per poter accedere al pensionamento anticipato, al proprio datore di lavoro (un Comune) di vedersi liquidati i 79 giorni di ferie di cui non aveva potuto godere per motivi di servizio. Il Comune si era quindi appellato all’articolo 5 del decreto-legge del 6 luglio 2012, n. 95, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 135, il quale stabilisce che «Le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al personale […] sono obbligatoriamente fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi».
Anche la sentenza n. 95/2016 della Corte costituzionale, come si accennava in incipit, ha sancito che le prescrizioni del d.l. 95/2012 sono conformi alla Costituzione e non violerebbero il diritto comunitario.
Tuttavia, a questo proposito, la CGUE ha osservato diversamente il caso approdato alla sua attenzione. Infatti, la Corte ha ritenuto che, sebbene sia pacifico che le ferie siano funzionali all’effettivo recupero psico-fisico del dipendente e che esse vadano fruite in tempo utile, è onere della PA – non del dipendente medesimo – dimostrare che il datore di lavoro ha fatto tutto il possibile per informare il suo collaboratore, anche ammonendolo e invitandolo formalmente a usufruire delle ferie maturate, che, qualora non ottemperasse, le ferie andrebbero perse e non potrebbero essere comunque monetizzate. In tal senso, la CGUE si richiama alla sentenza del 6 novembre 2018, Max-Planck- Gesellschaft zur Förderung der Wissenschaften, C-684/16, EU:C:2018:874, punti 46 e 55.
Alla luce di quanto sopra esposto, non è neppure rilevante che il dipendente abbia posto fine volontariamente al rapporto di lavoro, tramite le proprie dimissioni.
Pertanto, le normative europee «devono essere interpretate nel senso che ostano a una normativa nazionale che, per ragioni attinenti al contenimento della spesa pubblica e alle esigenze organizzative del datore di lavoro pubblico, prevede il divieto di versare al lavoratore un’indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali retribuite maturati sia nell’ultimo anno di impiego sia negli anni precedenti e non goduti alla data della cessazione del rapporto di lavoro, qualora egli ponga fine volontariamente a tale rapporto di lavoro e non abbia dimostrato di non aver goduto delle ferie nel corso di detto rapporto di lavoro per ragioni indipendenti dalla sua volontà».
Conseguentemente, le ferie possono e devono essere liquidate come da richiesta del dipendente.
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